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La mobilità è utile. Ma non è un valore

20 ottobre 2009 1 commento

il Giornale_20 ott 2009_Viva il posto fisso (senza fannulloni)

Oggi, la necessità di certezze e di punti di riferimento frustra la società perché non sono percepibili e, tantomeno, raggiungibili. Chi vuole “fare famiglia” e tessere la “tela sociale” ha bisogno di stabilità e di valori cui fare riferimento; l’essere mobile e/o nomade per lavoro crea irrequietezza, incertezza, solitudine, infedeltà e può peggiorare la qualità della vita. Quindi …?… Non c’è mai un tuttogiusto/tuttosbagliato, ma è necessario cercare di concepire l’essere mobile come un “mezzo” per poter raggiungere il valore della stabilità: una stabilità che, fondamentalmente, dev’essere una condizione psicologica e morale, perché è con noi stessi che dobbiamo confrontarci davanti allo specchio. Quando siamo da soli, privi del giudizio e dell’approvazione/disapprovazione altrui, riusciamo ad avere la dimensione della nostra soddisfazione e, quindi, riusciamo a trovare “stabilità”; diversamente, ci accorgiamo della nostra instabilità interiore, status dell’anima e della psiche che ci preoccupa e ci rende infelici e turbati.

In ambito lavorativo è importante cercare e ottenere stabilità: non significa solo tranquillità stipendiale, bensì  solidità di rapporti interpersonali, corporativismo, spirito di gruppo, soddisfazione e fidelizzazione; i rapporti tra datore di lavoro e collaboratori/dipendenti possono migliorare e diventare produttivamente utili; si può parlare di “capitale umano” solo in presenza di solidità di rapporti e fiducia reciproca e … questo si ottiene solo con stabilità e predominanza dell’ESSERE sull’AVERE.

Viviamo in una società dove il “metro” per misurare il valore/la capacità delle persone è il giudizio sul posseduto o su quanto prodotto (peraltro, assolutamente necessario): questa valutazione è piuttosto superficiale e alquanto pragmatica e semplicistica, poiché si basa su criteri quantitativi d’apparenza; siamo ben lontani dalla misura della qualità e dell’eccellenza che si auspica in tutti i campi applicativi, sia pubblici che privati.

Quindi, cerchiamo la stabilità che non sia sinonimo di inerzia, fissità, assenza di talento e rifugio di nullafacenti, mediocri e parassiti;  cerchiamo di ricercare e individuare la stabilità positiva derivante dalla qualità dei rapporti, dalla buona comunicazione, dal benessere psicofisico e dalla vera qualità della vita.